Ritratto di gentiluomo del '900
di Christina Magnanelli Weitensfelder (*)

Non è facile fare il ritratto di Marcello, anche se lo conosco da tempo e so praticamente tutto di lui. La tentazione di presentarne il lato migliore è forte, bisogna scegliere la luce giusta, decidere se ritrarlo di profilo o tre quarti... oppure di spalle: punto di vista inusuale, ma che lascia lo spettatore libero di immaginare il soggetto, semplicemente lasciandosi suggestionare dall'aria ambigua e un po' misteriosa che ha una persona vista da dietro.

Leggiamo cosa dice la quarta di copertina del suo ultimo libro:

Marcello Mamini vive e lavora a Pesaro. Lungo un percorso all'insegna dell'eclettismo (è stato animatore di radio libere, pubblicitario, insegnante, funzionario dello Stato) si è lasciato ultimamente affascinare dalla narrativa e dalla ricerca storica.

Un po' troppo sintetico, io so molto di più. Il soggetto, ad un primo esame frettoloso, appare riservato, simpatico ma con lo sguardo che ti dice: non avvicinarti troppo. Può distruggerti con una battuta, ma, quando lo conosci meglio, capisci che si tratta di aggressività latente, volta a difendere il proprio spazio. Preferisce ascoltare, con aria sorniona, invece che parlare, il che ti mette un po' a disagio perché non sai mai cosa pensa di te e di quello che dici. Insomma un personaggio apparentemente scomodo, ma quando annulli lo spazio che ti separa da lui scopri che è generoso, amichevole, tollerante, un vero signore dal pensiero profondo e con tante cose da raccontare.

Può apparire in contraddizione con quanto detto finora, ma il soggetto ha una spiccata smania di esibizione. Sarà perché è figlio unico di madre ansiosa (come dice lui stesso) e quindi ha avuto fin da piccolo la sensazione di essere il protagonista, di dover essere bravo per avere i complimenti... fatto sta che a sei o sette anni costruisce già un teatrino e fa i burattini per i suoi coetanei, soprattutto per le sue coetanee: ha già capito infatti che le bambine hanno qualcosa di più e, soprattutto, che le loro sorelle maggiori sono veramente interessanti. Questa ammirazione incondizionata per il mistero della donna non lo abbandona per tutta la vita. Una delle sue citazioni preferite è: "non so se le donne ci piacciono perché sono straordinarie o sono straordinarie perché ci piacciono" (Achille Campanile).

Il desiderio di esibirsi è tornato poi a trovarlo, periodicamente e in varie forme, durante tutto lo scorrere dell'esistenza: dai divertenti show ai tempi dell'università (con testi esilaranti che nulla avevano da invidiare all'odierna comicità di Zelig) alla straordinaria esperienza delle radio libere, dalla pubblicazione di un giornale all'ideazione di slogan e campagne pubblicitarie. Ma questo ovviamente non spiega tutto: il nostro personaggio è nato con qualcosa dentro che lo spinge a immaginare, a creare, il tutto unito alla congenita incapacità di sapersi vendere e mettere a frutto le sue doti. Gli mancano metodo e costanza: dopo la realizzazione di qualche impresa si annoia e passa a fare qualcos'altro, appagato solo dall'insostituibile soddisfazione di poter dire: questo l'ho fatto io!

Come protagoniste del suo primo libro sceglie dodici figure femminili, perché come abbiamo visto, la donna lo affascina. E non si pensi a una battuta scontata: al nostro Marcello la donna appare veramente portatrice di una generosa dose di mistero, di enigmatica attrazione, è colei che con uno sguardo può dire tutto o il contrario di tutto. E trasformarti in principe o marionetta. Quale miglior soggetto per il nostro scrittore? Il quale ci scherza su, gioca a fare l'anziano e dice che alla sua età le avventure amorose si possono solo immaginare e trasfigurare in un racconto. Citando l'arzillo vecchietto sconsolato di una famosa vignetta, ama dire spesso: "mi attirano molto le donne... ma non mi ricordo perché!" Mah! Leggete alcune descrizioni dei suoi personaggi e vi apparirà abbastanza evidente che la passione non è ancora morta.

(*) Giornalista, editrice del mensile L'aperitivo illustrato.

Travestimenti...

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